I volti della Bovisa
La Bovisa è un quartiere dalle mille trasformazioni, un territorio frammentato, nel quale convivono diverse identità. Inizialmente era una delle zone agresti a nord di Milano, ma nel secolo scorso le grandi trasformazioni industriali portarono alla presenza di moltissime fabbriche che resero la zona una delle aree più densamente popolate di Milano dalle tute blu. Ora sopravvivono ben poche fabbriche. Una di queste è l’Oleificio Balestrini, ora sede delle Cristallerie Livellara, vero e proprio monumento di archeologia industriale. Gli edifici svuotati sono rimasti a lungo una presenza muta subendo il crollo giorno dopo giorno e pezzo dopo pezzo. L’abbandono dell’attività industriale ha portato il quartiere ad essere considerato zona marginale e dimenticata. Oggi tuttavia accoglie strutture come il Politecnico, l’Istituto Mario Negri, la Triennale e grattacieli che ospiteranno sedi di importanti società. Le mutazioni di uso del suo territorio, da zona industriale a polo studentesco, abbracciano anche la storia di migrazioni umane e di mestieri ormai scomparsi. Ed è indagando queste realtà, in questo quartiere di periferia, che si entra in contatto con un microcosmo attivo e intraprendente.Tante le persone che non vogliono dimenticarne le origini proprio per contrastare le trasformazioni che stanno portando alla cancellazione forzata delle antiche origini del quartiere.

Via Bovisasca, il cancello del vecchio deposito di Ferrovie Nord (ora Trenord).

Angelo ha 49 anni e lavora come aiutante in una piccola officina di motocicli e vive in una roulotte. Recupera mobili ed elettrodomestici per strada, li aggiusta e ne arreda la sua “casa”. Ricorda lo sgombero del campo rom avvenuto a poca distanza quasi un anno fa “ … sembrava di essere in guerra, centinaia di poliziotti contro centinaia di nomadi rom; la zona era piena di giornalisti e fotografi. Strano, perché questa zona è sempre dimenticata da tutti…

Francisco è un artista che ha il suo laboratorio alla Bovisa. Ha 59 anni ed è nato in Nicaragua dove ancora vivono la madre e i due fratelli. Le sue opere sono sculture in marmo, legno e terracotta. Dopo aver girato il Sudamerica e la Spagna è arrivato in Italia negli anni ’70 frequentando a Carrara l’Istituto della lavorazione della pietra e del marmo. Gli piace il nostro paese e pensa che gli italiani siano molto simili ai sudamericani. Talvolta presenta le sue opere in alcune gallerie, ma il guadagno è scarso: i galleristi chiedono molti soldi.

Lisa è l’anima di Punto Zero, un’associazione teatrale che ha sede a due passi dalla stazione Bovisa. Oltre a corsi di recitazione per bambini, adolescenti e adulti, l’associazione lavora all’interno del carcere Beccaria di Milano tentando il recupero dei minori che vivono sul “filo del rasoio”. Partendo dal teatro sociale fa crescere in loro valori come la dignità e il rispetto e soprattutto insegna loro un mestiere: elettricista, tecnico luci, sarta, scenografa e truccatrice. Con altri amici del teatro cerca di dare una professionalità ai ragazzi perché attraverso un lavoro possano compiere il difficile passo del reintegro nella società.

In un piccolo locale nei pressi di Via Bovisasca un gruppo di ragazzi “heavy metal” si è ritrovato per un raduno di band musicali provenienti da diverse parti d’Europa.

Suzie li ha accompagnati; non suona ma è pronta a scatenarsi in balli. E’ nata a Cipro ma vive a Londra dove lavora come guardia carceraria.

Via Bovisasca

Dnep ha 42 anni ed è nato in Mali, dove ancora vivono sua mamma ed i suoi venti fratelli. Vent’anni fa è arrivato in Italia dopo un difficile viaggio attraversando il nord Africa ed i paesi balcanici. Dnep è dipendente di una ditta che esegue manutenzione di giardini in Bovisa All’inizio, perché straniero, ha trovato difficoltà per la diffidenza che le persone avevano nei suoi confronti. In questi anni però è stato capace di guadagnarsi la loro fiducia. Ora tutti i condomini lo aspettano e sono felici di scambiare quattro parole con lui. Da quattro anni non torna in Mali.

Davide è uno studente al quarto anno della facoltà di design. Vive in Brianza ed ogni giorno viene in Bovisa con il treno. Gli piace molto questa zona, ma teme che nei prossimi anni cambierà radicalmente

Franco ha 67 anni e da tre generazioni vive in una casa di corte in Via Bovisasca. E’ la memoria storica del quartiere. Ancora ricorda il coprifuoco che veniva imposto dopo una certa ora. “Non si poteva uscire di casa. La Montecatini esalava gas nocivi durante la notte. Ricordo ancora le donne arrabbiate che ritiravano il bucato il mattino sporco di esalazioni.”

All’angolo fra via Bovisasca e via Cosenz c’è la “Locanda”, gestita da Massimiliano. Max, così lo chiamano, si definisce il “portinaio della Via Bovisasca”, un po’ per la posizione centrale, un po’ perché tutto gli scorre intorno. Massimiliano ha vissuto la Bovisa degli ultimi 4 anni, quella delle grandi trasformazioni, quella delle demolizioni e dei campi rom. “Gli fornivo acqua e cambiavo le monete a giorni e orari precisi. Un accordo con loro per una pacifica convivenza. La guerra, di principio, non la si fa a nessuno”.

via Bovisasca

Awad ha 32 anni ed è egiziano. E’ da pochi mesi in Italia e nonostante non abbia ancora imparato la lingua ha già trovato un lavoro come facchino. Ogni sabato si ritrova con i suoi compaesani in un piccolo parco a giocare a calcio. Molti di loro indossano maglie da calcio delle squadre italiane. E’ preoccupato per il suo lavoro, per la crisi e per delle leggi molto restrittive rivolte agli immigrati.

La signora Maria, classe 1933, vive in Bovisa fin da quando si è sposata. Nel 1950 il suocero della signora rilevò il ristorante Macallè, meglio conosciuto come il ristorante nel quale il duce andava a mangiare dopo aver tenuto i suoi comizi dal balcone dell’oleificio Balestrini, ora fabbrica Livellara. La signora gestiva una salumeria e suo marito la sera suonava la fisarmonica nel ristorante. Maria ricorda con nostalgia quando suo suocero, ogni domenica, con la sua cavallina trasportava le famiglie che trascorrevano tranquilli pomeriggi nelle trattorie fuori porta

Saidou Moussa Ba è nato in Senegal e da 21 anni è in Italia. Condivide un appartamento con altri amici connazionali. Saidou lavora come mediatore culturale nelle scuole. Il suo compito è molto difficile: maturare nelle nuove generazioni il concetto di sviluppo, identità, multiculturalità con lo scopo di abbattere tutti i pregiudizi sulle diversità. Lo fa partendo dall’ascolto come modalità per arrivare a conoscere l’altro. Le differenze si creano nel momento in cui non siamo disposti ad ascoltare gli altri. Ed è qui che attraverso un lavoro accurato Saidou porta gli studenti a far capire che la diversità è un valore.

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Lavinio ha 53 anni e nella sua vita ha fatto un po’ di tutto. Si è appena trasferito in Bovisa e ha nel cuore questa piccola trattoria gestita da un suo amico egiziano. Ha fatto il musicista, il manager di una società fallita, l’artigiano in Valtellina e poi di nuovo il musicista. Suona oramai per amore della musica ma soprattutto per amore di Dio. “Nella mia vita c’è stato un momento in cui sono sprofondato, ho toccato il fondo e l’ho addirittura raschiato ma alla fine grazie a Dio ce l’ho fatta: si perché io a Dio ci credo veramente. Il mio Superiore ogni giorno mi guida. Ed io sono innamorato della vita e di Lui”.

Stefano ha 43 anni ed è proprietario di un piccolo laboratorio artigianale di decorazione e serigrafia su bicchieri di cristallo. Questo mestiere, oramai scomparso, è l’eredità dei suoi genitori che un tempo producevano preziose porcellane incise a mano. Poi di colpo nessuno richiese più quegli oggetti preziosi e particolari. Ora lavora su commissione per la creazione di articoli da collezione. Stefano è uno dei pochissimi artigiani che si trovano ancora in Bovisa.

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Padre Menga è pastore della chiesa evangelica. Ha 42 anni e vive con la moglie e tre figli vicino a Crema; nella vita quotidiana lavora come operaio in un’azienda. E’ venuto in Italia vent’anni fa dall’ex Zaire e sua moglie lo ha raggiunto cinque anni più tardi.

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gni domenica Padre Menga tiene il sermone in un piccolo locale della Bovisa per la sua comunità composta da angolani, congolesi e liberiani. Sembra una piccola Africa trapiantata in Bovisa: la messa è accompagnata da canti e balli. L’atmosfera è carica di gioia e di devozione.

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E’ importante che tutta la famiglia partecipi alla messa, bambini inclusi. La celebrazione è carica di sensazioni. Ad occhi chiusi è più facile ascoltare la parola del Signore.

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I fratelli e le sorelle che partecipano alla celebrazione vengono invitati a compiere un rito di purificazione. Padre Menga diventa non sono guida spirituale, ma anche esecutore della “purificazione” come atto per liberarsi dal male.

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